Si presenta come
inequivocabile la secolare “nobiltà”
della grande Fiera foggiana, fiera dalle antiche origini
federiciane ed aragonesi all’800.
L’antica fiera nacque e prosperò fino a diventare
il più grande mercato laniero e caseario del Regno
di Napoli ed una delle più importanti d’Italia
e d’Europa, tutto ciò sotto la spinta di due
fenomeni di grande rilevanza storica: la transumanza e la
Dogana della Mena delle Pecore di Puglia; infatti il momento
finale della transumanza che concludeva l’”annata
pastorale” aveva luogo a Foggia e alla sua Fiera.
Era questo il momento più importante per il mondo
legato all’industria argentaria, durante il quale
si procedeva ad attività quali la commercializzazione
della produzione, alla vendita della lana, dei formaggi,
delle carni e di altri prodotti dell’allevamento anche
meno importanti. Durante i giorni della Fiera convenivano
a Foggia i “locati” della Dogana, i proprietari
delle greggi, gli acquirenti dell’industria laniera
e quelli interessati alla produzione casearia e delle carni,
provenienti da ogni parte del Regno, dall’Italia e
dall’estero.
Già da allora, la Fiera si presentava come ritrovo
di un movimento commerciale di imponente rilevanza economica
e finanziaria.
Ma è con l’istituzione della Regia Dogana della
Mena delle Pecore, il 1447, nel periodo aragonese, che la
fiera assume un ruolo determinante; in tale periodo essa
assume il suo carattere monopolistico e privilegiato che
le consentono l’esclusività della commercializzazione
della produzione ovina in tutto il Regno.
La Fiera, pertanto, con tanti poteri e privilegi, iniziata
nel periodo aragonese durerà ininterrottamente per
oltre 400 anni, fino all’Unificazione, legandosi alla
città di Foggia con un singolare rapporto per il
quale la storia della Fiera si completa e riflette nella
storia cittadina.
A favore della Fiera giocano anche la vocazione territoriale,
centralità, snodi viari, servizi, etc.e Foggia era
senza dubbio il nodo centrale dell’ampia rete viaria
fratturale pastorale delle province adriatiche del Regno,
con alcune peculiarità quali la mancanza si mura
cittadine, i grandi fondaci per la lana, i servizi e gli
svaghi che poteva offrire quella che era la seconda città
del Regno, per popolazione, subito dopo Napoli e la protezione
che l’autorità doganale offriva a produttori
e commercianti contro soprusi feudali, banditismo, guerre..tanto
è vero che la Fiera si svolse comunque, anche nei
periodi di massimo disordine del Regno, come le guerre franco-spagnole,
la rivoluzione di Masaniello, quella Partenopea del ’99,
la conquista da parte delle truppe francesi.
Purtuttavia la Fiera, svoltasi ininterrottamente per quattro
secoli, subì una ineluttabile decadenza e poi il
tramonto, e ciò fu dovuto al venir meno dei motivi
che l’avevano istituita: l’abolizione della
Dogana della Menadelle Pecore, e la fine della transumanza.
Con l’inizio del decennio napoleonico, segnato dalle
radicali leggi emanate dal nuovo regime, fu, primo provvedimento
quello che investiva la città, la provincia e le
regioni vicine: la legge 21 maggio 1806, che sanciva l’abolizione
della Mena delle Pecore di Foggia. Giunse così a
termine la lunga storia di questa istituzione la cui abolizione
ebbe conseguenze profonde nell’economia della Capitanata
e del Regno. La legge che affrancava l’immensa proprietà
della Dogana, vendendola ai “locati” o ai migliori
offerenti annullò per sempre la “ragion pastorale”,
modificando profondamente la struttura agraria del territorio,
specie per quanto attiene al rapporto pastorizia-agricoltura,
a favore di qust’ultima, anche se è pur vero
che per agricoltura va intesa la monocoltura cerealicola,
ma fu l’Unificazione a dare il colpo di grazia alla
provincia e alla città di Foggia.
La Fiera dopo l’Unità venne quasi a scomparire
pur sopravvivendo come piccola Fiera del bestiame e di “bancarellari”.
Bisognerà attendere l’era fascista per quella
che la stampa locale del tempo chiamò la “rinascita”
della Fiera., poiché il fascismo aveva individuato
nelle Fiere uno dei più qualificati ed efficaci strumenti
di propaganda ed immagine del proprio regime.
Tutta la materia fieristica fu modificata dalla legge n.
454 del 1934, furono annullate di colpo le competenze dei
Comuni e delle Amministrazioni Provinciali, centralizzando
le manifestazioni fieristiche, e ponendole sotto la disciplina
del Governo creando il nuovo istituto dell’Ente Fieristico.
La propaganda fascista si concentrò sulla ruralizzazione
con diverse iniziative, quali la Battaglia del Grano, l’Autarchia,
che trovano, quasi naturalmente, nelle fiere il luogo deputato.
L’istituzione dell’Ente Fieristico di Foggia
fu uno strumento di primo piano dell’ideologia ruralistica
del Regime.
La “rifondazione”della Fiera non sarebbe stata
possibile senza la decisa volontà di alcuni fra i
più notevoli esponenti del Regime che si adoperarono
in tale direzione, si trattava di personalità di
primo piano in posti chiave della politica e dell’economia
di Capitanata. Nel 1935 il problema della Fiera venne ripreso
e portato a soluzione.
Le prime fiere “di saggio”, prima dell’istituzione
dell’Ente Fieristico, furono tenute con successo negli
anni 1936 e 1937 nel nuovo insediamento della Fiera al Campo
Fiera in contrada Pila e Croce, che venne dotato della sistemazione
e delle attrezzature necessarie per lo svolgimento di una
Fiera a carattere nazionale.
Nel 1938 si svolse la Fiera agricola di Foggia che fu sicuramente
una delle manifestazioni più importanti del periodo
fascista, quella che portò all’istituzione
dell’Ente e alla sua affermazione in campo nazionale.
Tutte le istituzioni economiche cittadine avevano provveduto
a costruire opere stabili, il Consorzio Agrario, l’Unione
Industriali, il Banco di Napoli, etc.
In data 14 aprile 1939 fu emanato il Regio Decreto che istituì
in Foggia un Ente Autonomo avente personalità giuridica
denominata Fiera di Foggia e ne venne approvato lo Statuto.
Nonostante ciò, la Fiera veniva a pagare lo scotto
del favore del Regime, trovandosi così coinvolta
in operazioni non più economiche ma di pura retorica,
e che non riguardavano i problemi concreti dell’agricoltura
meridionale del momento.Il 4 giugno, 4 giorni dopo la dichiarazione
di guerra, il quartiere fieristico viene requisito dall’autorità
militare per crearvi un deposito per quadrupedi e un campo
di concentramento per le truppe. Sicchè la nostra
cronaca degli anni della Fiera nel periodo fascista termina
con il testo del telegramma che il Prefetto Benigni indirizzava
a Roma nel luglio del 1943: “confermo città
Foggia essere totalmente distrutta”.
Negli anni dal 1949 al 1954 si svolsero Fiere Campionarie
di Foggia che si rivelarono fallimentari per l’assoluta
mancanza di vocazione commerciale e per la vicinanza della
più vicina Fiera del Levante.
Nel decennio 56-66 l’agricoltura meridionale, nonostante
il massiccio esodo agricolo e rurale determinato dallo spostamento
di unità lavorative verso le industrie settentrionali
e verso i paesi europei, conosce un periodo di forte espansione
dovuta agli effetti degli investimenti della Cassa per il
Mezzogiorno. Si sviluppa nel mezzogiorno una notevole meccanizzazione
agricola che sopperisce alla rarefazione della manodopera
ridottasi di otre 1 milione di unità lavorative.
In questo scenario la produzione e la produttività
dell’agricoltura meridionale crescono ad un tasso
superiore a quello dell’agricoltura centro settentrionale,
tale sviluppo agricolo si rispecchia nelle edizioni 1956/57
e 1958 della Fiera. E’ proprio nel 1958 che si realizza
il primo salone della meccanizzazione agricola del mezzogiorno.
E’ sempre in quegli anni che la Comunità Economica
Europea decide di allestire un proprio padiglione, allo
scopo di far conoscere agli agricoltori meridionali, la
nuova realtà economica.
Nel decennio 1966/76 l’attenzione verso la Fiera di
Foggia cresce, tuttavia si registra, nel mezzogiorno, un
tasso fdi produttività agricola ridotto rispetto
a quello del Centro Sud; tra le cause, notevole influenza
ha la politica agricola comunitaria dei prezzi che privilegia
le produzioni continentali ed assicura uno scarso sostegno
a quelle mediterranee.
La Fiera, comunque sia, continua a rendersi interprete delle
nuove situazioni agricole e ad esercitare,con le sue iniziative
espositive e con i suoi dibattiti, la sua funzione di stimolo
ed orientamento del progetto agricolo. Un autorevole riconoscimento
dell’azione promozionale della Fiera è espresso
dal Pres. Del Consiglio Moro.
Incoraggiata da tali riconoscimenti, la Fiera decide di
riqualificare le strutture esistenti, di intensificare le
attività svolte e di estendere la propria azione
a tutti i settori produttivi suscettibili di ulteriore valorizzazione.
E’ in questi anni che l’Ente pone mano alla
costruzione dell’imponente “Foro Boario”.
Anche il Presidente della Camera, Pertini ha modo di dire
nel 1969:”La solidarietà che questa Fiera promuove,
per l’agricoltura meridionale, merita la mia approvazione
ed il consenso del Parlamento”. In questi anni si
fa sempre più massiccia la partecipazione ufficiale
di organizzazioni commerciali, di delegazioni e di esperti
del mondo politico estero della Comunità Europea
che conferisce alla Fiera nel 1972 il suo carattere internazionale.
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